Le Donne Vengono da Venere, gli Uomini da Marte


Quante volte vi hanno detto questa frase fatta? Quante altre l’avete letta?
Io sono nata sul pianeta Terra, nella vecchia Italia, e fin da piccola mi sono dovuta scontrare coi pregiudizi.

La tutina rosa per segnalare che sei una neonata (effettivamente, non sia mai che pensino che tu sia un maschietto); il fiocco rosso tra i riccioli, la gonna con la calzamaglia per proteggere le gambette dal freddo (anziché il più comodo pantalone); il grembiulino bianco alle elementari, quello che subito si sporcava con la penna blu, cosa che invece non accadeva ai più fortunati maschietti dotati di grembiulino blu, e così via.
A Natale la bambola o il noioso ricamo e cucito (qui leggi cosa penso di questi strumenti di tortura per bambine), perché devi allenarti per quando sarai mamma (infatti, si sa, i papà non danno mica la pappa al bimbetto, non cambiano mica i pannolini, noooo, quella è “arte” femminile).

UOMINI E DONNE TRA I BANCHI
A scuola, che devo fare, ero portata per la matematica e le scienze, materie riservate ai signori maschietti. Dato che sono loro a dover portare lo stipendio a casa, almeno le quattro operazioni gli serviranno. Noi donne cosa dobbiamo contare? I bambini che siamo destinate a sfornare per il “bene” dell’Umanità?
Il giorno che mi dissero “A voi ragazze non piace la matematica, non ci siete portate“, ho dovuto tenere a mente che esistono leggi che impediscono a una bimba di spedire qualcuno sulla luna senza mezzi di propulsione, perché, sono sicura, se gli avessi mollato lo sganassone che acevo caricato nel pugno, sarei stata la prima a compiere l’impresa.
E il prof. di Fisica: da un lato, sembrava compiaciuto di avere un’allieva brava in tale difficoltosa materia (sapete, è la materia più difficile del mondo, dicono);
dall’altro, sembrava invece dispiaciuto, come se ce l’avesse con me e il dubbio crebbe quando all’esame di maturità (portavo Inglese come prima materia e Fisica per seconda), mi fece a bruciapelo una domanda su un libro di cosmologia di Asimov, che circa 7 mesi prima aveva consigliato alla classe, in generale, di leggere. Lo suggerì timidamente tra una spiegazione e l’altra, e poi non affrontò più l’argomento, neanche per sapere se, poi, lo avevamo letto. Nulla.
All’esame, però, mentre la prof. di fisica mi stava interrogando con soddisfazione sua e mia, lui era lì a fissarmi pensoso finché, a un certo punto, decise di interrompermi gettandomi questa domanda nel mucchio: – Quali sono le quattro forze fondamentali della fisica?
Così, come un fulmine a ciel sereno. Io avevo ovviamente letto il libro di Asimov, e, solo grazie alla mia memoria, riconobbi subito che si riferiva a quello. Ricordai subito di aver letto i nomi delle quattro forze fondamentali della fisica, proprio in uno dei primi capitoli e così diedi la risposta giusta. Lui mi guardò, annuì e se ne tornò in disparte.
Ripetiamo: aveva nominato il libro una sola volta; non l’aveva consigliato specificatamente a me, ma a tutta la classe; non si era mai preoccupato di chiederci, a me o alla classe, se l’avessimo comprato e letto; erano trascorsi almeno 7 mesi da quando aveva consigliato il libro; non era obbligatorio leggerlo, non era neanche un compito per casa, solo un consiglio estemporaneo; la questione del nome delle quattro forze della fisica non mi risulta l’avesse mai affrontata a lezione e onestamente non l’avevo neanche letta sui libri di testo.
Ora, io posso anche pensare che, essendo la sottoscritta in gamba nella sua materia, lui supponesse che avessi letto il libro, però, non aveva alcuna garanzia, e inoltre, dopo 7 mesi, potevo anche aver dimenticato. Aggiungiamo fatto che la domanda non conteneva il nome del libro a cui si stava riferendo, mi sembra che le probabilità che io dessi all’istante la risposta giusta fossero più contro di me che con me.

Ad ogni modo, passiamo all’Università: scelto Fisica, che ci vogliamo fare, io continuo imperterrita a non comportarmi come le sognatrici romantiche e supersessomani di Sex & The City e a studiare cose per le quali non saremmo, ahimé, predisposte. Però i 30 li prendo. Ah, è vero, ai maschietti il prof (maschio) dà anche la lode e una stretta di mano. La cosa bella di una laurea in Fisica, sapete qual è? Che non diventi fisica, ma resti fisico.

SECONDO LA SCIENZA

Passiamo a Piero Angela, riviste scientifiche e amici vari (Piero, ti adoro ma sappi che non concordo con tutte le informazioni che divulghi), che da infiniti anni ogni due mesi propongono uno studio sulle secolari, ma che dico, millenarie, differenze tra uomo e donna e dalle quali si evince e si rafforza l’idea che le donne vengono da Venere e gli uomini da Marte.
Gli uomini fanno la guerra, le donne la spesa; gli uni scoprono la ruota, le altre li sostengono gonfiandogli l’autostima, meglio se a letto; gli uomini giocano a calcio, le donne guardano le telenovele; i maschietti leggono Jack, per gli uomini che vogliono addominali d’acciaio, le femminucce Donna Moderna, che c’è pure la ricetta afrodisiaca, così gliela cuciniamo per quanto tornano dalla palestra.
In amore, gli uomini fanno i cacciatori e le donne le prede, gli uomini  si vestono di Denim e le donne con minigonne , tacchi a spillo, e il trucco da Carnevale, sotto, lingerie rigorosamente rossa. E non dimenticate il perizoma con il ciuffetto da coniglietta di Playboy.

E il cervello? La conoscete tutti quella mappa: nel cervello maschile ci sono le zone per parcheggio, telecomando, calcio e sesso; in quello femminile, le zone shopping, parrucchiere, scarpe, e pettegolezzi. In ufficio non avete idea quante volte al giorno te la ritrovi nella mailbox aziendale.
Alcuni pigmei sono ancora convinti che le donne siano meno intelligenti degli uomini, e come prova scientifica adducono la maggiore presenza di materia grigia, mentre le donne, riahimé, sarebbero handicappate, massì, hanno più materia bianca, corpo calloso maggiore, connessioni migliori tra gli emisferi, robetta da niente. Infatti si dice materia grigia, per indicare l’intelligenza, mica materia bianca. Quella serve per condire, lo dice quel ridicolo pregiudizio nato secoli fa scaturito da un’ipotesi fatta da un uomo, che, mentre la moglie gli preparava il pranzo, lui apriva i cervelli dei cadaveri.
Mi ha fatto molto piacere leggere un articolo di le Scienze, dove finalmente riconoscevano che nessuno è più intelligente dell’altro: la natura ha creato due modi diversi di pervenire allo stesso risultato, proprio per assicurare alla specie umana la sopravvivenza. Del resto, scusate, ma il testosterone lo produciamo pure noi femminucce.
Ancor più mi fa ridere quando invece propongono uomo e donna come complementi di un solo essere, Yin e Yang, notte e giorno, giacché ci vogliono maschio e femmina per fare un bimbo.
Anche questo mito sta decadendo, perché recenti studi hanno scoperto che si possono produrre cellule spermatiche, sapete da dove? Dal midollo femminile, e pertanto due donne potrebbero benissimo generare un figlio loro, senza affittare spermatozoi etc.
Nulla si sa invece della possibilità di fecondare un uomo e farlo concepire: c’è riuscito solo Schwarzenegger nel film Junior.

Per il mondo dei pregiudizi, le donne possono essere o geishe a luci rosse (la fantasia preferita dagli uomini, così afferma la nostra cultura), o bisbetiche che aspettano solo di essere domate e trasformate in puledre da monta.

E parliamo dell’isteria, da “utero“: qui abbiamo un bel pregiudizio insito nella stessa lingua con cui tutti comunichiamo. Rigorosamente riservata alle donne, mica agli uomini, infatti provate a immaginare un uomo isterico e vedete se non vi sembra un po’ effemminato. Un pregiudizio, questo nato grazie alla credenza che le donne le si calmi col sesso (o con due schiaffi). Mai con le parole, mai con un buona strategia comunicativa, nooo, o sesso o schiaffi.

E la grammatica? Quando in un gruppo variegato c’è anche solo un elemento maschile, tutto il gruppo va coniugato al maschile. Io posso anche avere cento amiche e un solo amico, ma la presenza dell’amico prevale (masculo è) e io devo dire che ho 101 amici. A meno che non mi dilungo in complicate spiegazioni sulla composizione della mia cerchia di amiconi: “Ho 100 amiche e un amico“.
Voi come li chiamate i vostri contatti su facebook? Amici.
E parliamo del matrimonio, regola numero 1: la moglie prende il cognome del marito. S’è sempre fatto così. E nella Bibbia? Isacco figlio di Abramo, mica figlio di sua madre.
Noi ci siamo evoluti: adesso, se è una mignotta, va detto eccome.
La perdita del cognome è una tradizione barbara e anche se oggi forse ti concedono di conservare il tuo, restano sempre i figli che per diritto (divino?) devono ereditare quello del padre. Anno 2012, siamo nel ventunesimo secolo, per chi non se ne fosse accorto. Vi capisco, non lo sembra affatto.
Nel libro, “Ho sposato un deficiente“, scritto da Carla Signoris (che se ve la dico così magari non sapete chi è quindi vi informo che è la moglie di Crozza, che sicuramente conoscete), questa intelligentissima donna, benché molto dissimile da me, scrive una cosa santa, vado a memoria: “Se fossero gli uomini quelli che affrontano le doglie dopo 9 mesi di gravidanza, avrebbero già trovato il modo di annullare il dolore“.

E la parità dei sessi? Mentre alle donne viene imputato di scimmiottare gli uomini quando mostriamo palle e pugno di ferro (che abbiamo anche noi) nell’illusione di “eguagliare” i colleghi maschi; mentre le donne vengono  additate come “maschiacce” se preferiscono i pantaloni e le scarpe da ginnastica alla scomoda e, dannosa per la salute, divisa da “femmina sculettante e/o disponibile a tutte l’ore”, mentre le guardano straniti se esigono l’abbattimento delle differenze tra gli stipendi uomo e donna (che a parità di condizione ed esperienza quelli maschili sono più alti); mentre le donne si battono per la parità, i maschietti si sono presi: i fornelli (fatemi sempre le proporzioni tra chef maschi e femmine e ditemi alla parola “chef” se vi viene in mente un uomo o una donna); la moda (ancora rabbrividisco all’assurdo modello femminile che sempre più stilisti propongono: i loro modelli rappresentano la donna come la vorrebbero loro, o meglio, come pensano che gli uomini la vorrebbero, non come è); la maternità (ancora mi ricordo un collega giulivo perché aveva convinto sua moglie a rinunciare alla sua maternità per farla prendere a lui così che se be tornava a casa prima, dove era la suocera che badava ai suoi figli e preparava la cena, non lui); il diritto di non tenere la porta alle donne. Se le donne chiedono la parità, il rispetto è la prima cosa che gli uomini si sentono giustificati a levare loro. Per tutto il resto, invece, rivolgersi a Mastercard.

Questi sono giusto degli esempi.

Io scrivo sul mio blog di cinema e nei social, sotto un nick senza sesso, Recenso. Non è un nome, è la prima persona singolare di un verbo latino, che significa io rifletto, io valuto, io analizzo.
Sul blog di cinema non v’è alcuna mia foto. Sapete quanti commentatori mi trattano come se fossi un uomo, declinano tutti i verbi ed aggettivi al maschile e poi si meravigliano quando scoprono che sono di sesso femminile? Taluni si sono sentiti perfino presi in giro. Oddio, Recenso finisce con la “o“, quindi è masculo. Sì, infatti, Andrea finisce con la “a”, quindi è un nome femminile

PICCOLE DONNE CRESCONO

Il mio giocattolo preferito di quando avevo tre anni? Un robot. Mai avuto, desiderato o sognato la Barbie. I miei film preferiti? Terminator, Matrix, tutti i film di Nolan e Hitchcock, mica Twilight, né tantomeno I passi dell’amore; le mie serie preferite? Colombo, Sherlock Holmes, MacGyver. I miei cartoni animati preferiti? No, Lady Oscar non c’è, io guardavo Jeeg Robot.

Le mie letture preferite? Fantascienza, thriller, gialli, romanzi dove i personaggi non favellano improbabili parole d’amore durante storie passionali magari ambientate nell’America di fine ottocento.
Via col vento, sì, mi piace, Rossella è un personaggio eccezionale: ma sapete che non capirò mai la sua ostinazione per quel damerino di Ashley? Io (preferisco essere single ma dovendo scegliere) avrei scelto subito Rhett. Dove lo trovi uno con tutti quei soldi e che per di più è anche cotto di te?
Ogni volta che rivedo quel film passo tre ore a dire “Ma non lo vedi che Ashley non ti ama? E’ solo un gatto morto piagnucolone
E il Titanic? La balenottera io l’avrei lasciata in acqua e mi sarei preso il relitto anziché morire congelato nell’oceano.
I miei ex, li ho lasciati io, questo lo dico per chi avesse già associato a questo articolo il pregiudizio della “povera piccola animuccia ferita da chissà quale angelo nero”.
Il mio sogno di quando ero bambina? Non era fare la sarta, né la mamma, ma diventare un Fisico.
Ora, se chi mi legge è maschilista, sarà balzato alla conclusione di sopra, ovvero, complesso del pene mancante, che avendo un corpo da donna avrei sempre cercato di imitare gli uomini bla bla bla.  E il complesso delle tette mancanti, nessuno lo ha mai diagnosticato nei maschi? Le cercano ovunque!
Invece no. La donna non è uno stereotipo: ci sono tanti modi diversi di essere donna quante donne sono al mondo, così come ci sono tanti modi diversi di essere uomo quanti uomini sono al mondo. Un uomo che piange non è meno uomo di uno che risolve tutto a pugni, poveretti i genitori che reprimono le emozioni ai figli.
Non mi rivedo nella Bella di Twilight, non mi rivedo nella Giulietta di Shakespeare, non mi rivedo manco nella Beatrice di Dante, né nella Susanna TamaroNon riesco a far capire questa cosa agli uomini (alle donne sì, non a tutte ma ce ne sono altre come me in giro).

FACCIAMO GLI UOMINI

Avete presente i primi anni delle chat, mirc et similia? Bene,  per un certo tempo ci feci una capatina, per curiosità e vedere se si potevano fare quattro chiacchiere. Mi scelsi un nick femminile ed entrai in un canale generalista, quindi non hot. Subito fioccavano le domande: quanti anni avevo, e come sei fatta, e come ti chiami, “da dove dgt“. E sei fidanzata? No.  Ma che misure hai? te lo chiedevano come se lo status di  single significasse che ero poco “fornita” e volessero verificare la “merce”. Dopodiché “Hai la cam? Che ne dici di fare sesso virtuale?“.

Provai allora a entrare con un nick senza sesso, la prima domanda diventò: “Sei m o f?” e, a seguire, tutte le altre. Iniziai a sfottermi sul serio  e passai alla fase del “ti sbrano appena mi chiedi di che sesso sono“. E ma che modi,  – mi apostrofavano  – io volevo solo fare “amicizia”, non sei una ragazza gentile, le altre non sono ostiche come te, tu sei una cozza bla bla bla.

Ok, terza fase: nick da uomo. Nessuno mi calcolava: le donne erano tutte sotto assedio maschile e gli ominidi ancora fuori dalle mura di Troia. Provai ad approcciare qualche maschietto, giusto per fare due chiacchiere “tra uomini”. Agli etero interessava parlare con le donne e mi rispondevano soltanto i gay, molto simpatici e allegrotti, non come quegli altri, etero.

Quarta fase, analisi della popolazione chattesca maschile. Torno con un nuovo nick di donna, e lo cambio ogni tanto:  una volta sono una diciottenne single, la volta dopo una mamma con figli e il marito fuori casa, altra volta una venticinquenne appena lasciata dal fidanzato e via di seguito. Finsi perfino di essere minorenne, io non dissi niente, misi l’anno di nascita nel nick e tutti capirono senza problemi, ma non si fermarono neanche davanti a quel segnale di off limit così evidente: vuoi fare sesso virtuale? Vaffanculo come al solito.

Alla fine degli esperimenti websociali decisi di esaminare le reazioni delle donne. Entro col nick da macho, approccio le ragazze ripetendo la la dinamica appresa dai maschietti. Ciao, sei m o f? Come ti chiami, da dove dgt? A volte trovavo tipe che, come facevo bene io, mi sbranavano subito con la tastiera, altre volte mi mandavano a fanculo alla parte delle misure. Altro che fare le dolci e gentili.
Decido alla fine di vedere se riesco ad approcciare le ragazze e restituire loro la fiducia nel genere maschile (si lo so è paradossale, ma il mio esperimento era in corso e ormai mi stavo anche divertendo). Fingo di essere un giovane piacente, appena venticinquenne, bell’aspetto, acculturato, sensibile, educato, sportivo e rispettoso del genere femminile. Becco subito una ragazza diffidente, supero elegantemente le sue resistenze,  e dopo appena quindici minuti di chat , in cui parliamo di lei, di tutto tranne che di fare sesso o incontrarci (credo che anche lei mi abbia esaminata per sapere se ero vero e poteva fidarsi) lei mi dice che è felice di parlare con me. In quella fossa di assetati di sesso (canale generalista, neanche uno sexy) aveva perso le speranze di trovare un tipo “a posto” con cui scambiare solo due chiacchiere. Invece io sono perfetto. Anzi, fa tutto lei, dice che vuole assolutamente incontrarmi dal vivo, e che fa? Mi scrive il suo numero di cellulare. No, non era un uomo che fingeva di essere una donna. A quel punto esperimento concluso (malpensanti, non sono lesbica).

FACCIAMO LE DONNE

Ho scritto due testi: uno dal punto di vista femminile; uno dal punto di vista maschile. L’intreccio potevo gestirlo io, così, conoscendo gli stereotipi a cui si affida la gente quando sceglie un libro da leggere e sapendo da sempre quanto io sono considerata “anomala” per la massa, ne ho approfittato e ho “inventato” una donna (testo donna 1): è dolce, femminile, bella, tranquilla, e ancora palpita al sentire la voce del suo primo amore (il solito belloccio sciupafemmine senza cuore che se l’è rigirata ben bene).
Dall’altra parte ho tratteggiato un uomo (testo uomo), timido e imbranato, segretamente innamorato della donna e chiaramente compresso dalla mamma, quindi ancora infantile nei pensieri e negli atteggiamenti, così tanto da subire la supremazia del belloccio, il quale gli ha debitamente nascosto la sua tresca con la tipa.

Un intreccio amoroso chiaro e semplice, come chissà quante volte li avrete letti o visti in tv.

Nel testo uomo, ho fatto sì che il timido imbranato parlasse al telefono col belloccio senza cuore, e ho scritto un dialogo-monologo in cui il timido risponde in un modo al belloccio, subendo la sua forza, da sottomesso quale è, ma nei suoi pensieri dà altre risposte, che delineano quanto il debole sia insofferente al forte.

Dall’altro lato ancora, ho delineato un’altra donna, a parte, (testo donna 2) che appena vede un uomo, stavolta normale e comune, che la sta ammiccando, sbuffa e vorrebbe solo levarselo di torno, non prova assolutamente alcun sentimento gentile né tantomeno fa la gentile con lui, anzi è quel tipo che se un uomo la invita fuori, lo  manda a fanculo.

Mi è stato detto che nel testo donna 1 (quella dolce gentile e femminile) ero sciolta, fluida e trasmettevo le mie emozioni (?), mentre il testo uomo (lui debole, timido e insicuro oppresso dalla mamma) invece non sembrava realistico, anzi tutti i pensieri del timido li avrei messi solo per spiegare emozioni che non riuscivo a mostrare altrimenti.

Non sono perfetta, non sarò stata brava a immedesimarmi in un uomo debole e timido, e, bah, può anche darsi che su tutto il pianeta non esista un giovane timido, debole, represso dalla mamma, sottomesso al belloccio che lo sfotte e al quale risponde in un modo pacato pensando invece tutt’altro.
Il vero problema, però, è che non sono riuscita a far capire al mio “lettore” che non contestavo la qualità del testo maschile… Io specificavo  il fatto che mi erano  state attribuite emozioni, femminili senz’altro, ma che non sono mie.
La donna del testo donna 1 non sono mai stata io. Non sono mai stata a letto con fotomodelli e il mio primo bacio faceva anche molto pena, inoltre non sono buona e gentile, tantomeno femminile (secondo la definizione del “sacro canone“), anche se alcuni miei amici si illuminano quando mi incontrano e mi dicono che sono bella.
Quella donna era un personaggio che avevo costruito apposta per la scena imitando la donna tipica letta nei libri, nei film e nelle fantasticherie di alcune mie amiche. Non ho espresso me, le ho fatto esprimere quello che la gente si aspetta da un personaggio femminile, quello che lui si aspettava da un personaggio femminile, e a quanto pare avevo indovinato se gli è parso realistico. Non mi sentivo affatto sciolta mentre scrivevo, io recitavo una parte, e per me è stata una sofferenza, ma, come sopra, non sono la classica donna che incontri dal parrucchiere (posto che detesto). Mi sono rilassata e divertita delineando il lui, soprattutto perché ho allegramente deviato dal “sacro canone maschile” dell’uomo Denim.

Questo mi ha fatto una predica che, a par suo, sembrerebbe che le donne, soprattutto nella fantascienza (genere disgraziato e reietto) avrebbero il problema di usare protagonisti maschili come se volessero metterci sullo stesso piano dei colleghi (*). I maschi, aggiungo io, però non si fanno problemi a prendere protagoniste donne, tant’è vero che in tanti romanzi di fantascienza trovi la fatalona aliena formosa e dietro molti nomi di romanzi d’amore e passione ci sono uomini. Di questo, il tale signore non ha detto niente. E parliamo poi della J.K. Rowling che dovette puntarsi il nome per non far capire che era una donna ad animare quel maschietto di Harry Potter. In tutto questo, misteriosamente l’ empatia femminile, dote privilegiata che tanto gli uomini decantano quando si aspettano che la loro donna capisca il suo “homo di casa”, i figli e i parenti, non si sa dove andrebbe a finire quando le donne scrivono di uomini.

Il mio lui del testo uomo non gli è piaciuto, de gustibus, ma le mie emozioni, la mia vera me (e scusate, ma la vera me la conosco solo io) non erano per niente nel testo donna 1.

Le avevo messe invece nella donna del testo donna 2, ovvero nella ragazza che si rompe dei tipi che le ammiccano e gli lancia sguardi omicidi (non sapete quanto mi dà fastidio parlare con la gente per strada, con la folla che passa e spassa e fa casino).
Se avete sempre seguito questo blog, avete constatato che di amore, ex ragazzi, o di presunti desideri materni non parlo mai. Non mi interessano, neanche credo al mito dell’anima gemella. I film, la pubblicità, l’alimentano bene, ma alla fine è un mito e io trovo più romantica una bella equazione.

Per tutti questi motivi,  mi è sembrato giusto specificare che quella nel testo donna 1 non ero io, come le sue emozioni, del tutto posticce.

CONCLUSIONE

Ora, io l’ho spiegato, per correttezza, perché se uno ha quegli stereotipi in mente, si fa un’idea errata di me e poi mi sa che gli equivoci e le incomprensioni si ammucchiano. Penso però di non esserci riuscita, non ci riesco mai col 99% degli uomini. Infatti, sono molto propensa a credere che mi citerà ai suoi studenti come esempio negativo, perché nel testo uomo, secondo lui, gli sembravo forzata e invece nel testo donna 1, ero riuscita, sempre secondo lui, che non mi conosce, a trasferire le mie emozioni. E invece erano posticce in entrambi i casi. Non credo che vorrà accettare che io non sono la donna gentile e femminile del testo donna 1, come da stereotipo femminile, e invece sono quella acida che lancia sguardi omicidi nel testo donna 2.

Eppure, qualsiasi mio contatto su Facebook, social, o amico offline, sa che non palpito alla suono della voce dell’ex ragazzo senza cuore – i miei ex il cuore ce l’avevano, sono io a non averlo – ma se sono brava a imitarla, forse come pesce d’aprile potrei anche far credere loro di essermi convertita. Alla fine vedi che ho anche una reputazione da difendere 😀

Già, per tutta la vita gli uomini mi hanno sottolineato tante volte che un’amazzone single che non mira a stirare le camicie né a cambiare pannolini (già fatto, grazie!), non la reputano neanche una donna. Mi hanno detto non so quante volte che “violerei lo stato naturale delle cose” e, anzi, mi vedono come una minaccia, una iperfemminista (ma le femministe forse Sex & The City se lo guardano).

Mentre altri uomini, definiti deboli e sfigati, quelli che non vengono mai invitati alle partite di calcio, mi trovano più donna delle altre. Questione di punti di vista.

Un mio vicino di casa, soleva fermarmi per strada ogni volta che mi incontrava. Mi additava già da lontano con un’espressione ingrugnita, si avvicinava e, scherzando bonariamente, mi chiamava “Faccia d’angelo, cuore di pietra“.
A chi attribuireste una definizione come questa? Allo stereotipo di donna che libri, scuola, famiglia, tv e cultura varia vi ha inculcato fin da piccoli, o allo stereotipo dell’uomo sciupafemmine che sempre libri, scuola, famiglia, tv e cultura varia vi ha inculcato fin da piccoli?

Non rinnego affatto la mia “donnità”, preferisco mille volte essere donne che essere uomo (soprattutto quello denim), e penso che i più sfortunati siano proprio gli uomini, con tutti quei problemi a gestire le emozioni, le dimostrazioni di forza alla ti spiezzo in due e altre amenità e forse si sono accaparrati tanti diritti lungo la storia perché ci temono, oppure ci hanno costrette per anni in uno stereotipo perché non ci capiscono.

Be’ io sono donna ma anche no, secondo il binarismo maschio-femmina (che io ritengo assurdo) però il mio vicino aveva capito bene di quale vera pasta sono fatta. Lui era andato oltre. Adesso spero di aver chiarito che tipo di “donna” sono e spero di non dover riprendere l’argomento mai più. In tutti i casi io sono la prima a prendere il giro gli stereotipi presentandomi come una “donna non donna“.

Le donne non vengono da Venere e gli uomini non vengono a Marte, veniamo tutti dal pianeta Terra.

In ogni uomo c’è la donna che avrebbe potuto essere, e in ogni donna c’è l’uomo che avrebbe potuto essere. Fateci caso quando guardate in faccia vostro marito, vostra moglie, vostra madre, immaginate per un attimo come sarebbe stata da uomo o vostro figlio da donna. Ognuno di noi è un miscuglio di maschio e femmina, e possiamo essere completi dentro di noi, senza inventarci improbabili anime gemelle, basta solo rispettare e voler bene quel miscuglio.

Non fatevi comprimere dagli stereotipi e dai pregiudizi culturali, mai, o risulterete voi quelli forzati e artificiali.

NOTA: A proposito: se doveste leggere questa cosa della faccia d’angelo e cuore di pietra altrove, ricordatevi di me 😉

(*): Giorni prima di ricevere le critiche sulla resa del mio personaggio maschile, avevo per l’appunto criticato l’incipit di “Enigma in luogo di mare” di Fruttero&Lucentini. In particolare avevo sottolineato quanto secondo me, che, olé, sono donna e le donne le capisco eccome, si vedesse che gli scrittori erano uomini. Infatti nelle prime righe descrivono una donna davanti all’armadio aperto, intenta a scegliersi i vestiti e io avevo detto che una donna non avrebbe avuto quei pensieri ma altri e che quei pensieri, secondo me, erano i pensieri che un uomo attribuirebbe alla sua donna ideale. Che si siano vendicati dalla tomba? 😉

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8 risposte a Le Donne Vengono da Venere, gli Uomini da Marte

  1. Non hai citato il mio libro 😛

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  2. stefitiz ha detto:

    ammazza se hai scritto tanto. certo che ne hai trovati di stronzi nella vita per esser così amara nelle tue considerazioni sugli uomini. Ma a me sembra che le cose stiano cambiando e certe mentalità si stiano ridimensionando. Di sicuro non è la mia mentalità, sono padre orgoglioso di femmina, desideravo una femmina e tifo per mia figlia, spero venga su come donna con le palle…come te praticamente. ciau

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    • vally ha detto:

      @stefitiz
      Sì ho scritto tanto perché avrei voluto che quella persona capisse ma ha divagato.
      Forse a tua figlia non conviene essere come me, da piccola pensavo che la mia caratteristica mi avvantaggiasse con quegli uomini, ma la comprensione è l’ultima cosa che vogliono.
      Ho invece incontrato e incontro molti uomini che mi vorrebebro solo decostruire e poi riassemblare con le loro direttive, per sentirsi Pigmalione.
      Mi sarò appena giocata un futuro da scritt(ore), fa niente, almeno Lulu non mi crede una donna gentile e palpitante.
      Grazie della visit 🙂

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  3. Lere ha detto:

    Complimenti per il blog

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  4. silver account ha detto:

    Nei racconti precedenti invece la donna viene creata successivamente all’uomo, da una sua costola, ed è causa della cacciata dal Paradiso terrestre . Sebbene alcune donne sono ricordate come donne di potere, influenti e rispettate ( Cleopatra , per esempio), la posizione della donna rimane sempre subordinata a quella dell’uomo. Neanche con Gesù Cristo e l’avvento del Cristianesimo le cose cambiano di molto, sebbene San Paolo affermò che davanti a Dio non vi è alcuna differenza tra i sessi.

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    • vally ha detto:

      @silver account
      Hai fatto bene a ricordarlo. La donna compagna dell’uomo, la donna sottomessa all’uomo, la donna originata dall’uomo.
      Né più né meno che il mito greco di Pigmalione, dove uno scultore, uomo, s’innamora della statua femminile (di donna, quindi, tale Galatea) che aveva scolpito, tanto da renderla viva.
      Ma bisogna anche ricordare che questi racconti provengono da uomini. Le donne per millenni non hanno nemmeno avuto il permesso di studiare, perciò è scontato che gli uomini si siano assegnati il ruolo più vantaggioso e che abbiano riservato alla donna quello di “contorno” e “supporto”.
      Be’, la scienza ha dimostrato che il cromosoma X esiste da migliaia di anni prima dell’Y.
      Stranamente, la lettera “Y”, per sua forma, non è nient’altro che una “X” a cui manca un pezzo. Inoltre non esiste uomo che non sia nato da una donna.
      Con questo non sto dicendo che gli uomini siano inferiori, siamo uguali, ma sto ribadendo che la donna non è un accessorio per uomini, come purtroppo è stata raccontata per secoli e secoli. Tempo fa ho letto un tizio che scriveva che “la donna è un uomo senza testosterone”. Tralasciando il fatto che il testosterone lo produce anche la donna, quindi la frase da lui detta è una cavolata, come dire che “l’uomo è una donna senza le tette”, ma il discorso intende ribadire che la donna non va definita a partire dall’uomo, ma a prescindere.

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